ARMONIA



FIGLIA DELLA LUNA

Sono un’adepta figlia della Luna la cui voce intona ciò che nel buio s’annida.

Arpa nera, arcuata

trae di pura melodia

il cupo crepuscolo

che la luce dissipa!

Ho domato e incanalato la potenza secondo i miei desideri, credendo che la mia conoscenza fosse più antica, ma tacerò sul colore delle tenebre, sul freddo, sulla paura, tacerò sul profondo della terra dove mi sono nutrita, lascerò che il silenzio avvolga il mistero.

Lascerò che il sobrio piacere occulto ordini l’inevitabile osare del destino.

Quello che succederà tra poco non lo potrò scegliere, saranno i miei ricordi a nutrire il rito.

I miei occhi si faranno più neri, più caldi.

Quando la notte inizierà a salire in volute dense potrò indossare il nome che è sempre stato mio.

Spesso percorro lenta il sentiero verso il bosco, che conduce a uno stagno tranquillo.

Un’ombra sfiora l’acque

tremante della legge più forte.

Con nubi di vello spettrale

lentamente si oscura la luna!

L’urlo risuona nelle valli al passaggio di creature alate.

Frementi fauci

digrignate a morso stretto

tra le mise della notte.

So che vi farò male!

Uno spillo piantato nel petto mi trattiene.

Cercate le ombre luminose, vi proteggeranno.

Mi siedo su una pietra.

Incerta.

In equilibrio tra l’essere e l’essere immaginata, lasciandomi assorbire

per cercare di tornare corteccia.

Immobile.

Ci sono alghe intrecciate ai capelli, impastate di terra e di acqua.

Una virgola nera è sdraiata sulla mia fronte. Immobile.

Attorno a me le mezzelune si stanno moltiplicando.

Tocca a me fare la veglia stanotte e non potrò chiudere gli occhi fino all’alba.

Me l’ha insegnato Selena, mia madre, che l’obbedienza elaborata vive di cuore e di ossa, di parole e di sangue.

Cinque stelle garantiscono la via.

E cinque stelle saranno, tra il nero inchiostro e il bianco di luna.

Irradia la luce.

E’ un colore strano questo profumo viola morto al vento.

Di questo profumo spasimo.

Fluido incandescente scorre limpido alle porte di Orione, scuote il desiderio di Venere.

Abisso nero fluttuante

scioglie i peccati

nel riverbero

Il suono è acceso e tesse pallidi ricami.

Tutte le sfere sono smaltate all’orizzonte.

Un’altra luna galleggia, soffre di una nostalgia scura.

Rubo quest’alba

rubo le vostre vite

al prossimo tramonto

Stanca attraverso la notte in visione di tempo senza meta.

Lo spazio tra la luce e il buio è un orlo di malinconia.

Il vestito sui cespugli si stende tra l’erba.

Sulla bocca un rossetto barocco.

Venite da me

ma non vi avvicinate troppo

basterebbe una scintilla tra i capelli

e sareste perduti.

Io non abbasserò mai la guardia

le streghe camminano a testa alta

ridendo.

Giulia