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martedì 25 ottobre 2011


 
DOVE IL CIELO COMANDA

Oggi é il giorno in cui si riuniscono i maghi e le fate della terra.
Tutto succede qui e ora.
Tutto succede da un tempo eterno dove il cielo comanda.
Siamo qui per spezzare gli incantesimi del male.
Abbiamo fatto un cerchio con pezzi di cristallo; presenza, azione, potere.
Il potere diviene fonte per creare profezie, come antidoto alla disperazione umana.

Noi tutti ci sentiamo pronti.
Raccolti dove il cosmo apre la sua porta.
Al centro della sfera astrale, in un ritorno magnetico dove tutto si distrugge e tutto si ricrea.

Abbiamo scelto di essere in un luogo.
Il nostro compito é unire; un ponte che consenta la circolazione d'energia di generazione.
Un transito, della nostra volontà unita, correggerà la deviazione; il dono che vi lasceremo é il dono di un
tempo che avete ignorato.

Tredici saran le lune che avrete.

L'onda incantata ora si congiunge e i canti si aprono armoniosi con le voci delle fate.
Noi siamo nel tempo fuori dal tempo, uniti in questo compito.


Siamo fate e maghi, la coscienza sopita.
Ci rinnoviamo a ogni istante e viviamo nell'estasi dell'universo intero.
Facciamo quello che ci piace, lasciandoci guidare dai doni della notte, perché da lì nascono sogno e intuizione.

La luna cristallo illumina il ponte, riflette la sua luce nell'alito della bruma sottobosco; e noi vediamo.
Vediamo il vostro sangue.
Fa vibrare l'allacciatore dei mondi, dissolvendo l'incanto del nostro mistero.
Siamo qui per spezzare gli incantesimi del male.

Tutto ciò che muore in questo luogo si trasforma, riappare conservando ciò che é sempre stato;
conoscenza e cosmica coscienza.

Bruciamo erbe, mirra e incenso creando una protezione di confine.
La torre sulla roccia al limitare riunisce tutte le risorse e irradia il suo comando.

Prendiamo il potere tra le nostre mani.
Un potere oscuro.
Voi non capite, non capirete mai.
Mai vedrete i mondi superiori.
La debolezza non sta in ciò che guardate, sta nei vostri occhi.

Oggi é il giorno in cui si riuniscono i maghi e le fate della terra.
La saggezza ci appartiene.
Tutto succede qui e ora.
Tutto succede da un tempo eterno dove il cielo comanda.

Giulia

lunedì 16 agosto 2010

LEGGENDE

La tradizione contiene un fascino universale.
Le leggende, le fiabe, le storie tramandate oralmente sono sempre state in grado di vivere passando di bocca in bocca per centinaia di anni.
Ci hanno fornito l'accesso all'antica esperienza umana.
Nel mondo di ora, gran parte del contenuto della coscienza delle persone si è trasformato.
Curvi sul computer o di fronte al televisore possiamo ricevere informazione e impulsi elettronici che hanno secondi di vita.
Mai come adesso abbiamo bisogno di libri, di storie e soprattutto di racconti che riguardino la nostra identità culturale, come le fiabe e le leggende.
Non solo per i bambini.
Abbiamo lasciato l'infanzia con un bambino vivente dentro di noi e dobbiamo convivere con lui.
Coloro che lo hanno protetto sempre, sono di solito gli adulti più forti.
Le leggende sono storie popolate da esseri fantastici, da personaggi storici, da umili persone, da animali, da diavoli, da santi, da folletti e fantasmi, da streghe e fate.
Le leggende in particolare sono in grado di ricostruire un tessuto legato agli elementi fantastici di un luogo, devono colpire la fantasia, avere alla base un elemento misterioso, affondare le loro radici fino in fondo all'anima di un popolo e far rivivere le origini, le vicende e i costumi.
Nascono dove l'ambiente naturale è più austero, dove l'orizzonte pone delle sfide alla sopravvivenza.
Nelle leggende si parla spesso di sfide tra il bene e il male, tra gli animi buoni e gli spiriti infernali e nei secoli la fantasia popolare si è sbizzarrita.

E' facile lasciare scivolare la fantasia...

"Lungo un corso d'acqua, in un buco profondo nascosto dalle fronde degli alberi, abitano i folletti del fiume.
Nessuno li ha mai visti, tanto sono piccoli e veloci, ma tutti sanno che ci sono.
Si acquattano di notte sotto i ponti, spiano chi si avvicina attraverso il folto dei cespugli, urlano e fischiano come il vento prima di una burrasca.
Un tempo quando la gente andava a fare il bagno vicino alla buca, sentiva i risolini alle spalle e voltandosi aveva l'impressione che una ranocchia si fosse tuffata nell'acqua; erano i folletti".

Ancora...

"Accadde un giorno, una grossa pietra si staccò da una aguzza roccia di un monte e precipitò nel fiume facendolo spumeggiare e creando una barriera che impedì all'acqua di proseguire.
Tutto intorno fu sommerso e si creò un vasto lago.
Arrivò a lambire l'entrata di una grotta sul fianco della montagna, nascosta da una selva fitta e impervia.
Una leggenda narra che prima del sorgere del sole di ogni solstizio, quando la luce si tinge di un azzurro intenso e fumoso, la terra, le foglie, i tronchi degli alberi e le rocce sparse sembrano esalare un aroma intenso e pungente, è il momento in cui le Fate si affacciano sul luccichio del lago, suonando gigli e gelsomini e cantando a memoria la formula magica incisa sull'albero più alto del dirupo".

Mi viene naturale, mi aiuta a vivere e guardare con altri occhi il mondo.

Giulia

venerdì 14 maggio 2010


COME UN SOSPIRO ATTRAVERSO L’ANIMA DI UNA FATA

" Non sapendo quando l'alba possa venire
lascio aperta ogni porta,
che abbia ali come uccello
oppure onde, come spiaggia. "
(Emily Dickinson)

Tutto ciò che muore nasce di nuovo, luce e buio hanno entrambi il loro luogo, lasciate che dentro di voi regnino bellezza e forza, onore e umiltà, perché se non troverete dentro di voi ciò che cercate non lo troverete in nessun altro luogo.” Giulia.

Sono nel mio tempo, ancora amo raccogliere verbena, timo ed iperico sotto i biancospini in fiore.

Qui da me ci sono altari che profumano d'incenso, acqua fresca tra le foglie, rami dove ombreggiano le rose e le brezze spirano dolcemente.


Le antiche leggende parlano di me, dei miei segreti, della magia che si sprigiona quando canto o danzo con fiori e animali e la natura intorno riprende a fluire, ad infondere nuova vita al mondo addormentato.
Mi diverto a camminare sui fili d'erba, volare tra gli alberi, parlare con gli uccelli, giocare con i pesci inseguendoli con lo sguardo nelle acque dei laghetti e nonostante l'affanno del cuore il mio viso rimane luminoso, tranquillo, colmo di tenerezza.
Cammino leggera a mani aperte.
Con la testa che balla di passi scomposti, nelle brughiere tra acqua e cielo.
Raccolgo le piccole gocce veloci che non cadano secche perché ogni lacrima è una goccia di vita che si espande a toccare le sponde e poi diventa aria che continua a spostarsi.
Tra le ciglia trattengo una liquida luna.
Avanzo scalza fra le ombre dove piccoli raggi di luce pallida disegnano lievi spirali sui miei piedi indicandomi il sentiero.
Approdo sugli argini fragili a raccogliere sassi sotto la torba e li restituisco all'acqua limpida, perché si veda trasparente.
La voce della terra ha il colore dell'acqua.
La voce del cielo ha la forza del mare che sulle orecchie toglie ogni suono.
Mormorii ammantati di brina e nebbia a lenire graffi, le mie vesti azzurre sono troppo leggere per proteggere dalla vita, ma ho ali grandi incurvate dal sorriso.

Ogni spazio si colma di me lungo lo scorrere.

Un canto mi viene dalle profondità del tempo, seguitemi e vi racconterò le storie narrate dal vento, vi insegnerò a essere leggeri per volare incontro ai vostri sogni.

Credo, vivo e specchio il mio riflesso nei fitti boschi oscuri, alle fonti dell'inizio dove si ode il pianto dei cigni fra le pieghe dei mondi.
Le mie chiome sono manti verdi possenti, scossi da soffi d'eternità.

Dalle maree ai cicli del tempo spargo petali di fiori avvolti dalla bruma dell'alba, fino a farmi culla e specchio di me stessa.

Il silenzio ondeggia infinito qui, si sente lo stormire delle ultime foglie.
Il rumore di un bocciolo spuntato troppo presto.
Tutto è magico e fatato nell'incanto delle notti di luna che accompagnano i miei sospiri.

Non ho luogo dove andare, ma lascio orme leggere al mio passaggio.



Giulia

martedì 6 ottobre 2009

NON PUO’ CESSARE DI ESISTERE
Non può cessare di esistere ciò che è sempre stato.
E' da secoli, millenni ed anche molto di più che aspetto qui, in questa grotta mai toccata dalla luce del sole.
Nessuno sa che esisto.
Qualcuno in passato aveva intuito che questa grotta non era vuota, ma ormai nelle nebbie della morte sono caduti tutti coloro che sapevano.
Ora sono solo leggenda a cui non crede nessuno.
E io sono qui a consumarmi senza sapere com'è la luce del cielo là fuori perché non posso uscire. Solo io. La mia forma fu plasmata ad immagine e somiglianza di quella degli esseri umani.
Ma è il contenuto che cambia. Continuo a cambiare forma seguendo l'evoluzione di questi esseri, anche senza vederli perché un filo resistente migliaia di anni mi lega a loro.
Prima di essere umana la mia forma era quella di uno spirito. Solo spirito.
Ma non sono un essere dell'aria, ne della terra, ne delle profondità marine, esisto e aspetto.
Mi hanno relegata qui perché hanno intuito le mie capacità.
Sono qui e aspetto.
Non ho speranza fra gli uomini, il sigillo della grotta non può essere rotto da uno di loro e non traggono forza o compiacimento nel mio nome.
Sono la Dea della Distruzione e mi temono soprattutto perché io posso distruggere le loro forme e rinchiuderli negli oscuri cancelli del tempo dai quali neanche la luce può uscire.
I secoli passano lentamente e vanno a formare ancora più lentamente i millenni.
Non posso sognare sotto il mare come il grande ESSERE che sogna nelle sue profondità, no, la mia tortura deve essere più grande: coscienza.
Ecco la mia dannazione; mi hanno dotato di questa "cosa" umana in tutti e due i sensi: non posso sprofondare nell'oblio e sono costretta a riflettere su ciò che ho fatto e sul mio futuro.
Una divinità non deve rendere conto a nessuno, non ha coscienza del bene e del male. Ma a me è stata inflitta.
Mi hanno impresso i principi di una creatura della luce e così urlo nella mia voce senza suono tutto il giorno e la notte, per tutti i giorni che furono, che sono e so che saranno. C'è stato un tempo in cui ero libera e padrona dell'universo. Lo riempivo con la mia essenza.
E ora sono qui intrappolata per tutta l'eternità e dopo ancora, ad aspettare ciò che non avverrà mai. Nessun dio, per quanto pazzo oserà liberarmi, ne ce la farà mai.
Ma io aspetto rassegnata; forma umana nell'oscurità.Le stelle sono favorevoli per il risveglio degli dei, ma non per me.
Ma una notte migliaia di anni or sono un uomo in sogno assetato di conoscenza ha cercato di incontrarmi, non so come sia riuscito a passare, forse ha attraversato il sigillo, come l'acqua un filtro.
Non lo saprò mai.
Povero, doveva aver perduto l'anima e la ragione per voler scoprire il tanto oscuro segreto mai accennato a nessun essere; sia vivo che morto.
Ma fu tutto inutile perché appena gettò uno sguardo nei profondi pozzi delle mie tenebre, di fiamme eterne, peggiori della dannazione più atroce che si racchiudeva nei miei occhi, qualcosa dentro quel che rimaneva della sua coscienza si spezzò.
Si dissolse improvvisamente, senza lasciare traccia di anima nel mondo dei morti.
Quella stessa notte assieme a lui sprofondò il suo continente nel quale mi trovo seppellita.
E ora anche il mare mi nasconde.
Forse riusciranno ancora a trovarmi, oltre le barriere del sonno e il potere infinito del sigillo.
Io aspetto sotto il mare in una grotta. Non può cessare di esistere ciò che è sempre stato.
Giulia

lunedì 28 settembre 2009

IL REGNO DI MEZZO
Quella sera Giulia rientrò a casa con lo spirito agitato, nella testa fremeva e bussava l'onda dell'immaginazione, corse allo scrittoio; tanti fogli di bianco sporco e nera china. Alcuni libri con bordi mangiucchiati, altri come nuovi, rinchiusi da solidi legami. Una sola penna d’oca accanto un libro, distesa tranquilla su un foglio, senza inchiostro, senza anima, senza sete.
Lì Giulia danzava al ritmo della natura, delle sue sensazioni, cosparsa di piume che si innalzavano coprendola in un cerchio di calma e di quiete. Le boccette di inchiostro notturno colorato e i cassetti senza corpo né tempo.
Un vaso blu. Una rosa, una candela, una fotografia. Una fotografia ingiallita, bruciacchiata. Un’immagine persa nei ricordi. Una piccola luce soffusa intorno, congiunta con il buio.
Giulia sorrideva, sapeva che quella danza in cui luce ed ombra si corteggiano poteva diluire o annichilire lo spazio e con un piccolo aiuto poteva creare un intero universo. La luce della lampada che colpiva le pagine di carta accarezzava il legno duro del tavolo ed illuminava il volto di Giulia di una luce innaturale.
Gli occhi premevano ed attraversavano il foglio intenzionati a compiere un incantesimo come a voler materializzare quanto stava scrivendo; pensava al tempo in cui Elfi e Fate camminavano sulla terra ed i bardi ed i cantori ne narravano l'esistenza. Essi cantavano raccontando alla folla la magia e l'incanto ed ecco che prendevano vita leggende e miti.
Gli Elfi della luce vivevano nell'aria ed erano creature buone e felici, di una bellezza affascinante, pelle avorio chiara come la luna, adottavano un albero e vivevano all'interno del suo tronco tanto da diventarne tutt'uno e combattevano contro gli Elfi delle tenebre che dominavano il sottosuolo, loro vivevano in grotte scavate nella terra o nella pietra, a volte assumevano sembianze di animali, erano rugosi con folti capelli e barbe nere ed avevano influssi malefici.
Le Fate erano creature delicate con il potere di predire il futuro, erano le principesse dei boschi, delle acque e di tutto il regno naturale, riparavano i torti, le offese e conferivano doni speciali, avevano un carattere mutevole, potevano essere anche maligne e vendicative, erano rese ancora più letali dall'aspetto bellissimo e la vendetta di uno spirito in collera era terribile, col tempo quest'ultime presero il nome di streghe.
Il mondo era composto da incanti ed incantesimi, loro rappresentavano il potere magico con valori ben lontani da quelli del genere umano.
Le Fate erano dotate di un'estrema forma di creatività ed arano attratte da istanti di grande commozione per questo si avvicinavano solo a uomini e donne speciali.
Queste creature magiche vivevano in posti fantastici; isole, foreste, oceani, mari, laghi e fiumi. Non si poteva invadere e dissacrare i luoghi scelti da loro per vivere.
E Giulia raccontava...
Quando Giulia scriveva la sua antica consapevolezza le destava strani tremori lungo la schiena e su per le braccia fino alla bocca, poteva assaporare quello stesso gusto che alcuni scrivani provavano nel trascrivere antichi manoscritti di storie perdute.
Quella sera stava correndo per le vie di quel suo mondo perduto, respirando come un cavallo selvaggio che dilatava gli spazi del naso per inspirare più aria durante la corsa, con il cuore bisognoso d'ossigeno, accecata da una grande pioggia di luce di un mondo ancora intatto.
La luce si fece più grande e si avvicinò.
“Chi sei?”. “Sono una luce”. “Sei solo una luce?”. “Solo una luce!? Nel mondo in cui vivi di luce vera non se ne vede molta!”. La luce cambiò colore. “A volte l'apparenza può essere incanto o realtà, quanto, non è dato a voi umani di sapere...”. “Noi possiamo irradiare una luminosità intensa, i nostri corpi fluidi si possono dissolvere in luce...”. Silenzio. “Dunque tu sei quella luce?” chiese Giulia bisbigliando. “Esatto!”. “E saresti in grado di...” non riuscì a finire la frase, la luce scomparve e tutto precipitò all'improvviso nel buio più nero.
A poco a poco dal buio emerse un paesaggio magnifico di colore smeraldo e mentre l'oscurità si dissipava tutto appariva come una pagina girata di un vecchio libro, una nuova pagina, verde e sconfinata. Un grande fiume scorreva placido nel suo letto e alte montagne innevate si stagliavano all'orizzonte. In cielo si rincorrevano piccole nuvole bianche come colombe, ampi alari di cobalto tra poche nubi. Nuovamente la luce investì Giulia, la prese e l'avvolse in sé in un secondo; serenità e pace.
Tutte le cose ti parleranno Giulia e potrai sentire e vedere. “Le Fate sono qui...”. “Ascolta...”.
...DO RE MI FA SOL …
“Nel cuore scorrono i nostri desideri incantati e i nostri volti sono simili alle piogge cristalline, attingiamo dalle cascate e dai ruscelli le nostre magiche bevande e ne dileggiamo i poteri donando rossori dolci ed amari all'Amore.
La notte danziamo in cerchio con le chiavi della magia e le pietre della luna tra le mani, ci confondiamo con il fiato del buio tenendo le nostre dita intrecciate, la nostra danza è agile e leggera tra le ghirlande ed i flutti, è sensuale e delicata come il frullio delle ali degli uccelli e al mattino le nostre lacrime si tramutano in rugiada.
Al nascere del giorno rivestiamo di luce i dirupi e le pianure, innalziamo altari nei sottoboschi e all'ombra dei fiori, facendo vibrare tutti i riflessi con le nostre risate.
Quando arriva l'alba nascondiamo i sogni alla notte con il pallore delle mani. Le nostre mani sono lunghe ed affusolate e sfiorano con il tocco un bacio dipingendolo su ogni sorriso. Lo dipingiamo sul volto delle note sussurrate ai muti spettatori del creato. Le nostre note sono come le farfalle. Non svegliare mai le farfalle Giulia.
Portiamo veli leggeri e i nostri richiami sono impareggiabili, nessuno può resistere. Nelle sere senza vento quando tremola la luna sul fiume, partiamo a cavallo d'ipogrifi alati, sciogliamo loro le briglie volando oltre la raduna nel mondo degli uomini, entriamo nelle case, raggiungiamo i sorrisi dei bambini con le nostre parole magiche di fiabe e rospi e le nostre bacchette di cristallo conducono il sonno dei piccoli di luce in luce. Ricordalo Giulia... Non è un sogno...”.
Poi fu nuovamente il buio più assoluto. Giulia si stropicciò gli occhi. La luce era flebile ed illuminava il foglio ancora bianco.
“Si può morire di nostalgia struggendosi alla ricerca inutile di qualcosa che non esiste, si può impiegare il resto della vita. Si può arrivare sul filo dell’orizzonte, alla svolta di un sentiero, all’ultimo albero di un bosco ed immaginare le risate delle creature fatate confuse con il canto melodioso degli uccelli. La nostra anima non avrebbe più quiete, dopo aver visto questo mondo. Se la sensibilità vi condurrà alla sua luce… scegliete il cuore… le Fate non perdonerebbero mai una scelta priva d’amore. Nel vostro cuore vi è l'ultimo rifugio del regno delle Fate”. (Dal Regno Fatato di Giulia)
Giulia 27 settembre 2009

venerdì 4 settembre 2009

PAROLE DI LUNA...una fata senza tempo...
A volte il dolore è cosi grande che la vita resta sospesa.
Nessuno di noi è in grado di farvi sempre fronte!
Purtroppo nemmeno gli Elfi!
Sono molto stanca oggi, ho vagato tutta la notte, per spargere nel bosco la polvere del sogno.
È un peccato essere in cosi pochi.
La mente torna al passato, alle feste degli elfi intorno al fuoco, tanto, tanto tempo fa, nella notte dei tempi, quando isolati, dispersi nei boschi della terra avevamo addosso il peso della solitudine.
Ma sono contenta di quello che faccio, sono contenta quando riesco a regalare un sogno.
Poi...
all’alba sono fuggita, sono tornata nel bosco a guardare la vita da sopra al mio albero.
Qui è più sicuro per me, è il mio mondo, la fantasia non ha bisogno d’esistere, perché ogni sogno è realtà.
L’aria è cosi limpida, cosi calda in questi giorni, al punto che anche i pensieri arrivano pigri.
Ma non ho molto da fare qui, tutta sola.
La mia condanna è il tempo e il tempo deve passare, piano.
Aspetto come una lunga agonia che nel cielo si accendano le stelle, aspetto la luna, che possa far luce sulla strada che mi porta da te.
Solo per restare ad osservarti.
Potrei desiderare di averti accanto sempre, basterebbe pensarlo affinché, nel mio magico bosco, possa diventare realtà…
Io continuo ad aspettare, aspetto che sia tu a voler venire, aspetto le notti in cui i grilli resteranno a vegliare su di noi,
le notti in cui sogno e realtà si confonderanno al punto da non poter distinguere l’uno dall’altro.
Aspetto e conto le stelle che piano s’accendono.
Osservo gli uomini che corrono contro il tempo, che lo temono, e ringrazio d’essere una donna senza tempo,
perché cosi, potrò restare ad aspettarti più a lungo...
tu... dormi e sogna, io resterò qui, a sentire ancora una volta il tuo profumo,
a respirare il tuo respiro, a provare a credere che tutto quanto sia vero.
Giulia

Quadro dipinto su vetro da Giulia

SONO PERICOLOSE IN CASO D'URTO ?


Il fatto che la vetrata sia un mosaico di tessere di vetro la rende più resistente alla rottura, perché più elastica.
Le tessere sono generalmente piccole, lo stagno che le contorna non ne permette la caduta in caso d'urto.


Laboratorio Vetro in Arte - Stresa

Non sarà troppo da chiesa?


Spesso si teme che inserendo un vetro artistico nel proprio appartamento, l'abitazione prenda i connotati di una cattedrale.
Questo sicuramente perché le vetrate sono state utilizzate moltissimo nelle chiese e lo sono ancora. Addirittura si parla di vetrata cattedrale, mentre sarebbe più corretto dire "vetro cattedrale".
L'utilizzo delle vetrate nelle cattedrali nordiche era necessario, sia per raccogliere più luce possibile, sia per diminuire il peso che le fondamenta dovevano sorreggere.
Ma la collocazione nelle abitazioni private cambia il concetto d'uso, i disegni diventano più leggeri e sobri seguendo linee più armoniche in sintonia con l'arredamento.

LA LAVORAZIONE TIFFANY

"Tiffany" è una particolare tecnica creata da Louis Confort Tiffany, pittore e vetraio fra i principali esponenti dell'Art Noveau di fine ottocento.

Questa tecnica consiste nel tagliare forme di vetro ( anche di piccole dimensioni ) molarle con l'uso di una mola ad acqua e nastrarle con una sottile lamina di rame od ottone cosparsa di colla di pesce per farla aderire al vetro.

Unendo i pezzi come un puzzle si compone il lavoro definitivo che verrà saldato con una lega di stagno, argento e piombo.

La saldatura può essere brunita ( anticata ) con speciali acidi ossidanti che creano un effetto molto simile alle vetrate a piombo medievali.

E' una lavorazione molto "fine" con cui si ottengono risultati accurati e armoniosi, non raggiungibili con il piombo classico.

Giulia



Tutta la pubblicazione successiva fa parte della mia Tesi conclusiva della Scuola d'Arte frequentata. 1996.

STORIA DEL VETRO

In Europa nel primo medioevo le botteghe dei maestri vetrai sorgevano in località situate vicino a grandi foreste dalle quali traevano il combustibile necessario per fondere il materiale, soprattutto le felci, una volta incenerite davano origine alla potassa necessaria per la formazione del vetro.


Per questo la varietà tedesca di vetro in quel tempo (fra il verde ed il giallo-bruno) fu chiamata “vetro di foresta” mentre quella francese prese il nome di “vetro di felce”.


Nell'Asia Minore e in Egitto, intanto il livello dell'arte vetraria restava altissimo, vasi, bottiglie, coppe, piatti erano formati seguendo un sistema molto simile a quello che doveva far diventare poi famosa nel mondo l'arte dei vetri muranesi (quando il vetro era in stato di fusione si dava all'oggetto la forma desiderata usando delle lunghe pinze).


La decorazione veniva eseguita in un secondo momento applicando filamenti di vetro dello stesso colore o contrastante oppure si utilizzava la tecnica dell'intaglio; già nota da secoli sia a Roma che in Asia Minore.


L'arte islamica del vetro favoriva una grandissima utilizzazione del colore a scopo decorativo.

Il sistema usato era questo:
Smalti composti da materiali colorati a punto di fusione bassa, venivano stesi in uno o più strati sull'oggetto da decorare e poi fissati mediante una seconda cottura in forno (come ancora si fa oggi).


Considerevoli, tra i tanti oggetti che ci sono giunti intatti, sono alcune grandi lampade destinate ad illuminare le moschee, decorate con versetti del Corano datati fra il XII e il XIV secolo.


Il fatto che venivano sistemate molto alte sul soffitto, lontane dalle mani di chiunque, ha favorito la loro conservazione attraverso tanti secoli.
Giulia - (continua)




LE VETRATE DIPINTE

In Oriente, fra il X e il XIII secolo, si afferma un ramo particolare della vetreria, prima quello che riguarda le vetrate dipinte ed applicate sulle lunghissime e strette finestre e sui rosoni delle grandi chiese romaniche e poi su quelle gotiche.

Rapidamente la vetrata policroma istoriata con particolari della vita o dei miracoli di personaggi e santi si diffuse in tutta l'Europa attraverso gli ordini religiosi, in modo particolare attraverso i Benedettini che la usarono per tutte le loro chiese ed abbazie chiamando alcune volte illustri pittori per collaborare con i maestri vetrai per la realizzazione di opere stupende.
Fra le vetrate di chiese antiche, vi ricordo quelle della Cattedrale di Poitiers in Francia; risalgono al 1165 D.C. Circa.
Giulia - (continua)


Cattedrale gotica di Exeter Cornovaglia.

CHE COSA E' IL VETRO

In senso teorico è un materiale solido, amorfo (privo di forma), trasparente, ottenuto ad alta temperatura (1200/1500 C° - 1700 vetri speciali) un miscuglio di sabbia silicea e due basi, di cui una deve essere alcalina (viene impiegata soda) e l'altra un alcare terrosa (si impiega un calcare che deponendolo nel forno dà ossido di calcio e libera anidride carbonica) o un ossido di metallo pesante (piombo o zinco) e si lascia poi solidificare lentamente la massa liquida ottenuta.

A questi tre componenti essenziali vengono poi amalgamate altre sostanze con funzioni di fondenti, stabilizzanti, ossidanti, ecc.

Molto importante è anche la decolorazione del vetro che data la presenza inevitabile di alcuni sali ferrosi, si presenterebbe verdastra, (vedi le bottiglie che si usavano un tempo per imbottigliare il vino) si ripara a questo aggiungendo del biossido di manganese (comunemente chiamato sapone dei vetrai) che ossidando elimina l'inconveniente.

Il vetro così definito è detto vetro comune o vetro solido calcico. La sua composizione è molto variabile ma in media rappresentabile come segue:

SI -02=75% = NA 2 0=15% = CAO =10%

Oggi si producono almeno un migliaio di vetri diversi, destinati agli usi più disparati. Ne cito alcuni che più frequentemente si incontrano nelle applicazioni correnti.

IL VETRO CRISTALLO è un vetro di notevole brillantezza e trasparenza, nella sua lavorazione si impiegano ossidi di piombo e di potassio.

IL PIREX è un vetro borosilicato, particolarmente apprezzato per la sua resistenza meccanica e di calore.

IL VETRO DI JENA è di qualità particolarmente controllata, è un vetro contenente ossidi di zinco, bario e manganese ed è molto adatto alla fabbricazione di strumenti scientifici.

IL VETRO OPALINO è ottenuto realizzando una sospensione di piccole particelle nella massa base; poiché le particelle hanno un indice di rifrazione diverso da quello della matrice vetrosa, la luce viene diffusa e si ottiene un aspetto lattescente.

Giulia - (continua)



PRODUZIONE DEL VETRO FUSIONE

I fori per la fusione del vetro sono di due tipi, continui a bacino per grandi produzioni o discontinui a crugiolo per produzioni non rilevanti o a carattere qualitativo, normalmente essi sono riscaldati bruciando dei gas.

La fabbricazione degli oggetti in vetro può essere fatta a caldo (caso più frequente) o a freddo.

La lavorazione a caldo si effettua sulla massa vetrosa uscente dai forni e può essere automatica (riduzione in continuo di lastre, tubi, ecc.) o manuale, quest'ultima è oggi relativa a produzioni a carattere artistico o su scala artigianale.

L'operatore preleva sulla punta di un tubo una porzione di vetro fuso semiraffreddato e soffiando nel tubo aiutandosi con speciali utensili o stampi, provvede a formare uno per uno gli oggetti.

Sempre a caldo il vetro può essere stampato per ottenere oggetti come bicchieri, vasellami e simili. Gli oggetti in vetro lavorati a caldo devono essere cotti di nuovo per eliminare le tensioni interne che si creano nella massa per effetto del raffreddamento. L'artigiano si avvale in seguito delle tecniche di molatura e smerigliatura.

VETRO CEMENTO materiale composito ottenuto annegando nel calcestruzzo delle formelle di vetro; in tal modo si ottengono delle lastre impiegabili per lucernai, divisori, ecc. Può divenire addirittura strutturale nell'edilizia una volta armato.

VETRO ORGANICO termine corrente, ma estremamente improprio con il quale vengono indicate alcune resine (acriliche e viniliche) con le quali è possibile colare lastre o stampare oggetti di vario genere di aspetto molto simile ai prodotti in vetro vero.

Giulia - (continua)



Vetrofusione

LA MEMORIA DEGLI OGGETTI

Degli oggetti d'uso comune pochi sono giunti intatti sino a noi.

Possiamo però avere un'idea delle forme più in uso osservando le miniature, i dipinti, gli affreschi che venivano rappresentati con ricchi dettagli.

Così sappiamo che in epoca merovingia in Francia erano di moda le coppe fornite di piede, certe bottiglie dal collo molto lungo e dal corpo rotondeggiante, bicchieri conici ma con fondo piatto; in Germania nello stesso periodo si fabbricavano bicchieri conici con base molto stretta e decorazioni applicate a forma di piccole gocce.

Numerosi sono i trattati scritti sull'arte datati all'età medioevale, tutti interessanti per lo studio delle tecniche usate e la storia del costume.

Anche per l'età gotica sono pochi gli oggetti che possiamo studiare, numerose sono però le fonti iconografiche alle quali attingere.

In Francia grandi centri di produzione sorgevano in Lorena, in Normandia, in Provenza, presso i Pirenei, mentre l'arte vetraria assumeva una sua altissima dignità e grande amore tanto da assicurare a quanti la praticavano con particolare maestria il titolo nobiliare di "gentil homme verrier".

Giulia - (continua)


ARTE A VENEZIA

Un grande avversario si presentò all’orizzonte dei maestri vetrai francesi agli albori del Rinascimento; l’Italia.

Questa volta però non erano gli artigiani di Roma che si affacciavano alla storia dell’arte ma quelli fino allora quasi sconosciuti di una città giovane, sorta come per incanto sulle sponde dell’Adriatico; Venezia.


A Venezia erano affluiti nel corso del medioevo maestri vetrai e mosaicisti dell’Asia Minore, con l’incarico di fare della città una delle meraviglie del mondo.

Molti avevano lavorato per un certo periodo e poi erano tornati in patria, ma molti altri avevano preso dimora

stabile aprendo botteghe frequentate da allievi volenterosi, intelligenti e amanti del bello.

Non tardarono a diventare più abili dei loro insegnanti in tutte le arti decorative.


Costretti a rifugiarsi nell’isola di Murano a causa degli incendi violenti che spesso divampavano nei quartieri cittadini in cui avevano aperto le loro fornaci e botteghe.

Orientali prima e veneziani dopo, fecero dell’isola uno dei centri più splendidi del mondo, da surclassare perfino le grandi scuole alessandrine e romane.


La Serenissima Repubblica veneta cercò a lungo di impedire che i segreti della lavorazione del vetro uscissero dallo stato, i maestri non potevano assolutamente andare a lavorare fuori dal loro territorio, pena gravissime sanzioni.

Ma, vi era sempre qualcuno che riusciva a eludere la stretta sorveglianza messa in atto alle frontiere.

Quindi i segreti muranesi diventarono di pubblico dominio per centinaia di allievi che accorrevano nelle botteghe che i maestri veneti aprivano in Europa; Inghilterra, Paesi Bassi, Liegi, Francia, Spagna e Portogallo.

Solo la Germania restò estranea a lungo a questo fenomeno per un motivo molto pratico, il vetro tedesco era di natura ben diversa da quello veneto perché veniva ricavato dalla potassa ottenuta con le ceneri del legno che abbondava in quelle regioni ricche di foreste, mentre la soda usata dai maestri muranesi proveniva dalle ceneri di piante marine, con l’aggiunta di piccole quantità di biossido di manganese che eliminava scorie e impurità, questo assicurava la limpidezza e una purezza eccezionale al prodotto.

Verso la fine del XVI secolo, un tedesco, Caspar LEHMANN, portò a splendere l’arte di intagliare il vetro nel suo paese, spingendo i suoi connazionali a cercare una qualità di vetro più pura e più limpida.

Nel XVII secolo fiorirono in Germania scuole ad altissimo livello; foggiavano degli stupendi oggetti in gara con la nostra Murano e il veneto in genere.


Giulia (continua)



IL GOTICO FRANCESE

Chartres, Parigi, Reims, Laon, Amiens, Rouen, Bayeux, Evreux, sono le otto Cattedrali gotiche francesi, dedicate a Notre-Dame, la Vergine Santa e tutte costruite verso il 1130.

Congiungendo i punti delle città dove sono state costruite, si traccia sulla mappa il disegno della costellazione della Vergine ( Segno zodiacale ).

Si dice che nel 1118 nove cavalieri francesi

Partirono per Gerusalemme; non erano crociati, né pellegrini e nemmeno monaci.

Davanti al re di Gerusalemme, Baldovino II fecero voto di povertà, castità e obbedienza.

La loro missione era segreta.

In loco i cavalieri si misero a guardia del luogo su cui era sorto il tempio di Re Salomone.

Furono detti cavalieri del tempio o templari.

Ma da chi furono inviati a Gerusalemme? E perché?

I Templari dovevano scoprire una legge più misteriosa e segreta, non proclamata, ma che deteneva la saggezza e la potenza.

Possedere queste Tavole significava avere conoscenza delle norme, delle misure e dei numeri che regolavano il mondo.

Le Antiche Scritture parlano in più punti di questa Tavola della Legge che Mosè custodì e nascose e che Salomone il re della saggezza ebbe la fortuna di possedere nel proprio tempio.

I Templari tentarono di ritrovarle.

Papi, Re, Imperatori avevano organizzato diverse battute in Terra Santa, in Persia, in India e persino in Cina.

Lo stesso Luigi Re di Francia inviò esploratori in Abissinia.

Ma tutti fallirono.

Anche i Templari?

La loro missione era segreta e segreto è rimasto l’esito.

Nessuno ha le prove che i Templari abbiano trovato le Tavole delle Leggi.

Però un dubbio esiste, perché, dieci anni dopo, nel 1128, ritornarono in Francia, si presentarono al Concilio di Troyes e chiesero di entrare nell’ordine religioso.

Due anni dopo iniziarono le costruzioni delle Cattedrali Gotiche.

Ancora non si spiega perché proprio a Chartres, piccolo villaggio di cinquemila contadini; fu il più ardito luogo di culto.

Inspiegabilmente contadini, pecorai e pastori si trasformarono in muratori, carpentieri e vetrai.

In queste Chiese vi sono migliaia di statue, di scene rappresentative, di dipinti in cui si racconta la storia dell’uomo, di Dio, di Gesù, dalla nascita alle sue glorie.

Ma non c’è una sola vetrata o una statua che raffiguri la crocefissione.

I Templari rifiutavano di ammettere che l’uomo crocifisso da Pilato fosse il loro vero Cristo.

La scienza tenta di dare una spiegazione.

Giulia (continua)


IL MISTERO DELLE CATTEDRALI

Forse quello era solo un posto dedicato alle preghiere.

O forse uomini primitivi e poi quelli pre-cristiani sapevano leggere nel cielo, orientarsi col sole e le stelle, forse con una sensibilità maggiore della nostra.

Guidati da un istinto cosmico “tenta di spiegare la scienza”.

Chartres e le altre cattedrali che ripetono il segno della vergine, sorgono dove i pagani veneravano una statua di legno che rappresentava una madre col bambino, questo era il culto della terra madre chiamata anche “la Vergine che partorirà”.

A Chartres i Druidi ne fecero il centro della loro religione prima ancora che fosse nato il cristianesimo e la venerazione della Vergine Nostra Signora, fu tramandata di secolo in secolo.

La statua era collegata nella cripta più sotterranea del tempio, pellegrini valicavano monti e paludi per pregarla.

L’età e il fumo delle ceneri l’annerì.

In seguito fu nominata “Vergine Nera”.

Quando i primi cristiani giunsero a Chartres, trovarono in quella grotta la prima Vergine col Bambino, conservarono statua e cripta e sopra vi eressero un tempio cristiano.

Scendendo nella grotta pagana abbiamo 37 mt. di profondità e 37 mt. è anche la volta eretta sopra il pozzo druido.

Nei portali della cattedrale vi è una scultura che riproduce il modello della Vergine Nera e lo stesso su una vetrata.

I costruttori di queste cattedrali si tramandavano da generazione in generazione i segreti delle soluzioni tecniche, l’armonia, la scienza dei calcoli impossibili, per imbrigliare spinte e controspinte, ogive, archi e volte.

Gli architetti che costruirono quelle opere, parevano possedere un segreto e una scienza che non erano dell’occidente.

Per realizzare una volta gotica dovettero inventare una geometria che permettesse, su un semplice disegno, le interpretazioni dei volumi e dei vuoti, l’accordo di spinte e di resistenze.

I muratori, i vetrai, gli scalpellini che eseguirono le opere erano maestri e venivano raggruppati in confraternite perché da loro non trapelasse nessun segreto.

In ogni cattedrale vi era un numero magico.

Scienziati moderni hanno cercato di scoprirlo con calcoli trigonometrici.

Si è trovato che Chartres (37 mt. lunghezza del coro e 14 di larghezza, la volta è alta 37 mt. la navata è lunga 74 mt.) ha tutti numeri che sono multipli di 0,37 e questo numero è esattamente la centomillesima parte del grado del parallelo che passa per la città di Chartres.

REIMS

E’ situata 49 gradi di latitudine nord con un grado di parallelo di 71 Km, l’unità di misura è di 1.42, la lunghezza della Cattedrale di Reims è di 142 mt, cioè il doppio di 71, il suo multiplo.

AMIENS

E’ A 49,51 di latitudine, parallelo di 70 Km, ebbene l’altezza della volta è di 70 volte 0,70 mt e la lunghezza dei transetti di 70 mt.

I costruttori di quelle cattedrali conoscevano a tal punto il globo terrestre da poter scegliere la misura più idonea dei loro monumenti in modo da rispettare un’armonia tra leggi matematiche, geografiche e astronomiche?

Da dove proveniva quella loro scienza?

La Vergine Nera delle vetrate di Chartres la chiamavano Sant’Anna che tiene in braccio la Vergine Bambina, Anna ha il volto nero e tre gigli bianchi a 5 punte.

Il nero e il bianco simboleggiano il passaggio dalla putrefazione della materia alla rinascita, mentre il numero 5 dei petali è il simbolo della donna; ma Anna come madre della madre è anche il simbolo della madre terra.

Il rosone formato da 8 fiori con 8 petali, l’otto (disposto orizzontalmente) Infinito-Eternità.

La rotazione delle rose simboleggia il passaggio dello stato di imperfezione materiale a quello di completezza spirituale.

I colori dei vetri nascondono un linguaggio.

Il nero è il disordine.

Il bianco la purezza.

Il rosso la perfezione.

La loro disposizione simboleggia il passaggio dell’uomo dalla materia alla perfezione.

I rosoni delle Cattedrali gotiche rappresentano il “viaggio” dell’uomo verso la trasformazione, la ricerca di una nuova identità.

Colori, figure, disegni, hanno un loro segreto intimo che i vetrai avevano appreso dagli alchimisti orientali, che a loro volta avevano imparato da popoli e culture millenarie.

Ancora qualche colore di rito.

IL NERO le tenebre, l’assenza della luce, la morte dell’uomo, il colore del caos dove tutto è confuso.

IL BIANCO come l’alba segue la notte, la luce dopo le tenebre, il colore della purezza e dell’innocenza.

IL GIALLO colore della trasformazione.

IL ROSSO colore del fuoco che brucia la materia.

Basta fissarli intensamente, quando la luce del sole li accende, perché una strana magia li metta in movimento.

E’ facile suggestione essere trasportati.

Sul pavimento delle cattedrali gotiche è rappresentato un labirinto.

Per i pellegrini che lo percorrevano sostituiva il pellegrinaggio in Terra Santa, ma significa anche il cammino dell’uomo verso la salvezza, non è un vero labirinto, ma un percorso obbligatorio segnato da cubetti di marmo blu e bianco.

Questi percorsi venivano nel passato guidati dallo stesso Vescovo a piedi nudi nel periodo di maggiori tensioni di correnti magnetiche (famosi girotondi di Pasqua).

Questo non per penitenza, ma perché il contatto con la Terra percorsa dalle correnti benefiche fosse più diretto.

Queste specie di danze finivano sempre al centro del labirinto, lì dove l’uomo cadeva stremato, ma anche trasformato.

E tante volte gli ammalati si rialzavano guariti nel corpo e sempre nello spirito.

Giulia (continua).


Madonna Nera di Chartres
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