Arrabbiati e confusi.
Forse combattuti tra ciò che vedevano e ciò che credevano di vedere.
Guardavo i miei genitori per la prima volta.
Quel dubbio che ti lacera con la silenziosa facilità di un bisturi.
Glielo leggevo nei solchi della fronte, nella smorfia tirata delle labbra, nei loro occhi.
I pugni stretti trattenuti, puntavano ancora lo sguardo su di me.
Alcuni gesti vanno oltre l’intenzione, non sempre le parole gestiscono gli stessi.
Io, non sono stato capace di fare altro che emettere un vagito.
Per me, il mondo esterno era ancora irraggiungibile.
“I cromosomi sono piccoli animaletti che si combinano tra loro per creare coordinate; muscoli pelle e sensazioni”, ma l’anima no, quella non la toccano, non è affare loro.
Ero quasi rassegnato ad essere diverso; sindrome di Down era stato il loro verdetto.
E pensare che in un primo momento l’avevo scambiato per il mio nome!
Sono nato e questa mia percezione distaccata mi permette di gestire le mie cose.
Non vorranno farmi credere che ho una regressione a livello celebrale?
Non stanno per caso vaneggiando?
Vogliono forse convincermi che sono incapace di pensare?
Non sono altro che un semplice bambino.
Eppure ogni giorno mi controllano, mi studiano e con giri di parole senza senso cercano di plagiarmi.
Dicono che sono malato, ma io non credo a tutte queste menzogne.
Si ritengono esperti in un campo che per loro sarà sempre inaccessibile.
Loro, che ci tengono così tanto a farsi chiamare dottori.
S’illudono di trovare una spiegazione logica e scientifica, anche nei casi in cui è evidente che non n’esiste una, ma io non mi lascerò ingannare, anche se mi hanno rinchiuso qui dentro, fra queste quattro bianche e tristi mura.
Per alcuni sono il numero 25, quello del letto, per altri sono il piccolo K, per i dottori sono Kim.
Non riusciranno a spaventarmi e a convincermi che sono anormale.
Io ho raggiunto l’acutezza massima dei sensi poiché l’amore è più forte che qualunque cosa.
Loro sanno udire soltanto le voci di chi è presente fisicamente col proprio corpo e sono incapaci di abbattere le barriere del reale, come invece so fare io.
So che la mamma è triste da quando mi hanno portato via.
A volte smette di ascoltare i miei occhi e mi fa cenno di no, mi sfida a muso duro o col sorriso.
Mi arrabbio e penso che non capisce quanto mi costi questa cosa.
Vorrei saperle spiegare questo fatto.
Ci provo a riassumere certi meccanismi.
Li comprendo.
Il problema è che qualcosa non li fa funzionare.
Alla fine la mamma lo sa che ci ho provato e mi accarezza sempre la testa, la sua mano tradisce la sua anima.
Ogni pensiero, ogni sentimento, proviene da una sola fonte; il mio cervello.
E’ il mio cervello a contenere l’anima.
L’innata e particolare sensibilità mi ha permesso di capirlo.
Libero il mio spirito, permettendogli di librarsi leggero nel cielo, fino a salire sempre più in alto.
L’innocenza e la purezza si combinano insieme per formare una luce
Tutti hanno un tesoro, un pensiero, esperienze da donarmi, questo mi permetterà d’essere come ho sempre voluto.
Ma la mia metamorfosi non è ancora completa, ho ancora molti veli da scostare.
E’ faticoso, ma io ci provo.
Anche se a volte si perde la speranza persino di sperare.
O è follia anche questa?
Ci vuole l’intenzione per comprendere “noi di dentro”.
Siamo isole che il mondo evita, fiori del niente.
Qualche volta mi convinco che con voi di fuori e noi di dentro non sia ancora tutto perduto.
Qualcuno ancora ci crede.
"Ora prestami attenzione bambino…non avere paura per la mamma, le ho spiegato tutto e ha capito perfettamente cosa deve fare.
Vedrai che andrà tutto a Meraviglia !".
Giulia