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mercoledì 2 settembre 2009


IL RESPIRO DELLA STREGA
Non credere che tutto muoia quando il silenzio cala nell’anima della notte.
Quel silenzio così dolce, che percepisci fra un respiro e l’altro è un attimo di pausa prima che il cuore partorisca nuove emozioni, è un’ anima che sta per dire qualcosa e che aspetta il suo momento.
In quegli attimi, c’è la creazione dell’istante eterno, il rito.
La notte... I toni scuri delle valli e gli alberi spogli che prendono vita in danze irreali, la luna alta nel cielo scuro, nera, profonda, priva di colore e di calore, il silenzio della celebrazione, polvere e silenzio, eco spento nel lato all’ombra sinistra della Bestia, è uno spettacolo di rara bellezza in questo luogo dipinto dai fuochi notturni, nella sensualità delle danze, la vita pulsa nel mio corpo che segue il ritmo entusiasmante di queste incredibili nenie.
Le campane suonano la ventitreesima ora, la morte trova posto nel mio dominio, dove giacciono cadaveri di animali di cui mi nutro, ne succhio il sangue e la linfa vitale fin quasi al midollo; topi e pipistrelli.
Il culto della strega nera non cessa, io resisto nel silenzio delle notti fredde ed umide, mi raduno con le mie sorelle portando alla perdizione tutta la terra intorno, un’unione al male sotto lo stesso albero grandioso e verdeggiante che compare nelle notti di Sabba, nello stesso punto ed in altri ancora, quando un luogo è maledetto, tale resta per sempre.
Entro nelle case come il vento, il gelo soffia e sfiora il viso, si sente solo il rumore dei miei zoccoli e la risata che si spegne lentamente dietro alla mia ombra.
Margia fu arsa quella notte. Io ero lì. Assistevo in silenzio mentre davano fuoco alla pira. Non potevo fare niente. Ero immobile, fuori e dentro, come pietrificata.
Le sue urla, mentre il fuoco iniziava la sua opera, ancora rimbombano dentro di me e straziano la mia anima nera. La malizia dei suoi occhi contrastava con il pallore del suo volto interrotto dall’ingenuo rossore delle sue gote.
Ricordo con meticolosa attenzione quei stremanti momenti in cui la sua fragilità scomparve nell’oblio della maledizione.
L’ultimo sguardo e quel suo sofferto sorriso li ricorderò per sempre. Furono come l’ultimo bacio. Io però custodivo il segreto.
Il vento soffiava come il fiato del Diavolo, il tuono rombava e i lampi squarciavano il cielo, agli occhi dei mortali si trattava solo di un temporale.
Ma le streghe erano sveglie.
Loro prendono senza chiedere, in un attimo o in un millennio rendono atroce ogni tormento.
Tutto intorno dormiva i propri sogni, tutto viveva in armonia con i contrari, dove l’orribile ed il terribile erano due mastini alle porte di un luogo apparentemente disabitato, la luna si stagliava fredda per le anguste viuzze e densa nell’animo.
Tocca a me fare la guardia stanotte, il rifugio che ho trovato non è sicuro; una tomba molto semplice con una piccola marmorea croce bianca nel mezzo del cimitero sconsacrato sulla collina.
I gatti si radunano fiutando il mio odore.
Mi è rimasta una folle brama di vendetta, nelle mie mani aperte il peso di un antico testo trafugato dalla cripta di una gotica cattedrale, il segreto di vecchie formule sataniche, ma anche il mio destino di aver scelto la Belva come sposo ed il rogo come gesto d’amore.
Odio e maledico: ho visto.
Ho visto nel sotterraneo le altre streghe, il canonico dell’Inquisizione le crocifiggeva. Le inchiodava vive come Cristo in croce.
Le osservava dibattersi negli spasmodici rantoli.
Godeva del loro dolore e sorrideva.
Ho guardato senza parlare nella cella senza aperture, illuminata a malapena da una torcia fissata al muro di pietra. La luce fioca illuminava punteruoli, pinze, seghe e lunghi chiodi.
Poi c’erano loro, le sorelle nella medesima lucida follia.
Nude.
Trafitte.
Inchiodate supine su una tavola di legno.
I minuti erano lunghi come gocce distillate di sudore e sofferenza.
Mi sono graffiata la faccia ed il sangue mi incendiava gli occhi, ho morso il vuoto. I miei morsi sono inconfondibili, lascio segni bluastri vicino alle vene.
Denti contro denti, ho morso fino a farli stridere, ho grattato la superficie nera con le unghie, ho grattato il legno duro.
Dolore e piacere mischiati diventano sovrani.
Il mio urlo di strega, crudele e addolorato maledice ogni genia.
Un urlo.
Un suono terrificante, da gemere, contorcersi, sbavare per terra con orecchie ed occhi.
La Chiesa si è impadronita del potere a poco a poco, con astuzia, ci hanno sterminate, ci hanno uccise molte volte, finché sono rimasta solo io, forse sono l’ultima, le hanno giustiziate senza pietà, le hanno bruciate vive o decapitate, i biancospini sono pieni di teste sanguinanti, occhi morti in visi pallidi di furore.
Il popolo non sa che i simboli maledetti sono pura materia di terra, non sa che le vergini sono sempre pronte al sacrificio, al mio titolo di strega, non sa che le formule sono parole strane e che vivo in luoghi che parlano da soli, che sono nata in una culla bianca con larghe latitudini piene di sangue rosso.
Il mio segreto ripete antichi riti con le creature che governano le tane, fino alle viscere della terra dove s’innalza l’altare a cinque stelle.
Un sibilo, un latrato e, a nulla serve cospargere la porta e il tavolo con sale grosso. Quando avrò contato ogni granulo, il varco sarà aperto e porterò con me all’Inferno ogni figlio; adoro i bambini, sono teneri, morbidi, innocenti e pronti al mio sacrificio, tolgo loro il fiato lentamente e succhio le loro anime.
Stanotte scenderò nel buio con unghie piegate dal fuoco, per rubare le zanne agli animali morti, indosso abiti cerimoniali e aspetto, il trionfo chiama la mano che si muove da sola e coglie nel cerchio una serpe, ripeto le formule a memoria senza sbagliare, attendo la forza magica, Lui deve ritornare a mietere anime, poiché è scritto nella storia; divorerà tutto con il suo seme, ingoierà tutta la terra.
I laghi chiari saranno sporcati dal suo sterco.
In questa lunga notte che mi sazia e mi possiede…
Voglio.
Scelgo.
Io sono la sposa.
Tutto è già stato scritto.
Tutto sarà compiuto.
Giulia 26 giugno 2006

8 commenti:

  1. beh,devo dire che sono rapito dal tuo bellissimo scritto,sei molto brava,dopo a una certa ora lo rileggo,ciao giulia.

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  2. Grazie Achab il surrealismo fa parte delle cose che mi piacciono ognuno di noi ha il lato oscuro e la luce, non si può vedere l'uno senza conoscere l'altro... immaginare di vestire i "panni" in prima persona, beh...m'intriga molto...
    ciao Giulia

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  3. Bellissimo e molto particolare il tuo modo di scrivere! Questo scritto ha catturato in pieno la mia attenzione.
    Grazie per il commento che mi hai lasciato! Ti seguo anche io! Ciao

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  4. Grazie LunaStella, se desideri, scendendo nei miei post, ne trovi un'altro "sono un vampiro", anch'io continuerò a leggerti...
    A presto
    Ciao

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  5. Ciao sorella strega, ricambio volenteri la tua visita e wow......questo tuo racconto che sarebbe piaciuto enormemente a Poe.
    La truculenza della santa inquisizione. Ed il tributo in sangue che hanno pagato le donne.
    Ma le streghe sono, per fortuna immortali.
    E, nel tuo bel racconto, le donne non ricoprono solo il ruolo di vittime predestinate, come spesso accade nelle narrazioni di Poe.
    Sono guerriere che bramano la vendetta.
    Come è giusto che sia.
    Un'affermazione di forza e di giustizia.
    Come racconta la storia, lunga e travagliata ed ancora incompiuta, dell'emancipazione femminile.
    Sincerametne contenta di conoscerti.
    Un abbraccio stregonesco
    A presto
    Marilena

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  6. Buon Giorno Giulia!!!! Ho letto anche "Vampiro".
    Tocchi degli argomenti che mi hanno sempre affascinata, sin da bimba!
    Mi piace leggerti!
    Ciao e buona giornata

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  7. sono molto contento della visita nel mio blog , spero tanto che non sia occasionale ,
    ho sempre affermato che siete voi la mia forza per scrivere e trasmettere emozioni .
    ps complimenti per quello che scrivi molto affascinante , un bacio Domenico dalle ali di una farfalla

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  8. Ringrazio Amaranta, LunaStella e Domenico per il gradito commento che mi avete scritto.
    Ciao
    Giulia

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Quadro dipinto su vetro da Giulia

SONO PERICOLOSE IN CASO D'URTO ?


Il fatto che la vetrata sia un mosaico di tessere di vetro la rende più resistente alla rottura, perché più elastica.
Le tessere sono generalmente piccole, lo stagno che le contorna non ne permette la caduta in caso d'urto.


Laboratorio Vetro in Arte - Stresa

Non sarà troppo da chiesa?


Spesso si teme che inserendo un vetro artistico nel proprio appartamento, l'abitazione prenda i connotati di una cattedrale.
Questo sicuramente perché le vetrate sono state utilizzate moltissimo nelle chiese e lo sono ancora. Addirittura si parla di vetrata cattedrale, mentre sarebbe più corretto dire "vetro cattedrale".
L'utilizzo delle vetrate nelle cattedrali nordiche era necessario, sia per raccogliere più luce possibile, sia per diminuire il peso che le fondamenta dovevano sorreggere.
Ma la collocazione nelle abitazioni private cambia il concetto d'uso, i disegni diventano più leggeri e sobri seguendo linee più armoniche in sintonia con l'arredamento.

LA LAVORAZIONE TIFFANY

"Tiffany" è una particolare tecnica creata da Louis Confort Tiffany, pittore e vetraio fra i principali esponenti dell'Art Noveau di fine ottocento.

Questa tecnica consiste nel tagliare forme di vetro ( anche di piccole dimensioni ) molarle con l'uso di una mola ad acqua e nastrarle con una sottile lamina di rame od ottone cosparsa di colla di pesce per farla aderire al vetro.

Unendo i pezzi come un puzzle si compone il lavoro definitivo che verrà saldato con una lega di stagno, argento e piombo.

La saldatura può essere brunita ( anticata ) con speciali acidi ossidanti che creano un effetto molto simile alle vetrate a piombo medievali.

E' una lavorazione molto "fine" con cui si ottengono risultati accurati e armoniosi, non raggiungibili con il piombo classico.

Giulia



Tutta la pubblicazione successiva fa parte della mia Tesi conclusiva della Scuola d'Arte frequentata. 1996.

STORIA DEL VETRO

In Europa nel primo medioevo le botteghe dei maestri vetrai sorgevano in località situate vicino a grandi foreste dalle quali traevano il combustibile necessario per fondere il materiale, soprattutto le felci, una volta incenerite davano origine alla potassa necessaria per la formazione del vetro.


Per questo la varietà tedesca di vetro in quel tempo (fra il verde ed il giallo-bruno) fu chiamata “vetro di foresta” mentre quella francese prese il nome di “vetro di felce”.


Nell'Asia Minore e in Egitto, intanto il livello dell'arte vetraria restava altissimo, vasi, bottiglie, coppe, piatti erano formati seguendo un sistema molto simile a quello che doveva far diventare poi famosa nel mondo l'arte dei vetri muranesi (quando il vetro era in stato di fusione si dava all'oggetto la forma desiderata usando delle lunghe pinze).


La decorazione veniva eseguita in un secondo momento applicando filamenti di vetro dello stesso colore o contrastante oppure si utilizzava la tecnica dell'intaglio; già nota da secoli sia a Roma che in Asia Minore.


L'arte islamica del vetro favoriva una grandissima utilizzazione del colore a scopo decorativo.

Il sistema usato era questo:
Smalti composti da materiali colorati a punto di fusione bassa, venivano stesi in uno o più strati sull'oggetto da decorare e poi fissati mediante una seconda cottura in forno (come ancora si fa oggi).


Considerevoli, tra i tanti oggetti che ci sono giunti intatti, sono alcune grandi lampade destinate ad illuminare le moschee, decorate con versetti del Corano datati fra il XII e il XIV secolo.


Il fatto che venivano sistemate molto alte sul soffitto, lontane dalle mani di chiunque, ha favorito la loro conservazione attraverso tanti secoli.
Giulia - (continua)




LE VETRATE DIPINTE

In Oriente, fra il X e il XIII secolo, si afferma un ramo particolare della vetreria, prima quello che riguarda le vetrate dipinte ed applicate sulle lunghissime e strette finestre e sui rosoni delle grandi chiese romaniche e poi su quelle gotiche.

Rapidamente la vetrata policroma istoriata con particolari della vita o dei miracoli di personaggi e santi si diffuse in tutta l'Europa attraverso gli ordini religiosi, in modo particolare attraverso i Benedettini che la usarono per tutte le loro chiese ed abbazie chiamando alcune volte illustri pittori per collaborare con i maestri vetrai per la realizzazione di opere stupende.
Fra le vetrate di chiese antiche, vi ricordo quelle della Cattedrale di Poitiers in Francia; risalgono al 1165 D.C. Circa.
Giulia - (continua)


Cattedrale gotica di Exeter Cornovaglia.

CHE COSA E' IL VETRO

In senso teorico è un materiale solido, amorfo (privo di forma), trasparente, ottenuto ad alta temperatura (1200/1500 C° - 1700 vetri speciali) un miscuglio di sabbia silicea e due basi, di cui una deve essere alcalina (viene impiegata soda) e l'altra un alcare terrosa (si impiega un calcare che deponendolo nel forno dà ossido di calcio e libera anidride carbonica) o un ossido di metallo pesante (piombo o zinco) e si lascia poi solidificare lentamente la massa liquida ottenuta.

A questi tre componenti essenziali vengono poi amalgamate altre sostanze con funzioni di fondenti, stabilizzanti, ossidanti, ecc.

Molto importante è anche la decolorazione del vetro che data la presenza inevitabile di alcuni sali ferrosi, si presenterebbe verdastra, (vedi le bottiglie che si usavano un tempo per imbottigliare il vino) si ripara a questo aggiungendo del biossido di manganese (comunemente chiamato sapone dei vetrai) che ossidando elimina l'inconveniente.

Il vetro così definito è detto vetro comune o vetro solido calcico. La sua composizione è molto variabile ma in media rappresentabile come segue:

SI -02=75% = NA 2 0=15% = CAO =10%

Oggi si producono almeno un migliaio di vetri diversi, destinati agli usi più disparati. Ne cito alcuni che più frequentemente si incontrano nelle applicazioni correnti.

IL VETRO CRISTALLO è un vetro di notevole brillantezza e trasparenza, nella sua lavorazione si impiegano ossidi di piombo e di potassio.

IL PIREX è un vetro borosilicato, particolarmente apprezzato per la sua resistenza meccanica e di calore.

IL VETRO DI JENA è di qualità particolarmente controllata, è un vetro contenente ossidi di zinco, bario e manganese ed è molto adatto alla fabbricazione di strumenti scientifici.

IL VETRO OPALINO è ottenuto realizzando una sospensione di piccole particelle nella massa base; poiché le particelle hanno un indice di rifrazione diverso da quello della matrice vetrosa, la luce viene diffusa e si ottiene un aspetto lattescente.

Giulia - (continua)



PRODUZIONE DEL VETRO FUSIONE

I fori per la fusione del vetro sono di due tipi, continui a bacino per grandi produzioni o discontinui a crugiolo per produzioni non rilevanti o a carattere qualitativo, normalmente essi sono riscaldati bruciando dei gas.

La fabbricazione degli oggetti in vetro può essere fatta a caldo (caso più frequente) o a freddo.

La lavorazione a caldo si effettua sulla massa vetrosa uscente dai forni e può essere automatica (riduzione in continuo di lastre, tubi, ecc.) o manuale, quest'ultima è oggi relativa a produzioni a carattere artistico o su scala artigianale.

L'operatore preleva sulla punta di un tubo una porzione di vetro fuso semiraffreddato e soffiando nel tubo aiutandosi con speciali utensili o stampi, provvede a formare uno per uno gli oggetti.

Sempre a caldo il vetro può essere stampato per ottenere oggetti come bicchieri, vasellami e simili. Gli oggetti in vetro lavorati a caldo devono essere cotti di nuovo per eliminare le tensioni interne che si creano nella massa per effetto del raffreddamento. L'artigiano si avvale in seguito delle tecniche di molatura e smerigliatura.

VETRO CEMENTO materiale composito ottenuto annegando nel calcestruzzo delle formelle di vetro; in tal modo si ottengono delle lastre impiegabili per lucernai, divisori, ecc. Può divenire addirittura strutturale nell'edilizia una volta armato.

VETRO ORGANICO termine corrente, ma estremamente improprio con il quale vengono indicate alcune resine (acriliche e viniliche) con le quali è possibile colare lastre o stampare oggetti di vario genere di aspetto molto simile ai prodotti in vetro vero.

Giulia - (continua)



Vetrofusione

LA MEMORIA DEGLI OGGETTI

Degli oggetti d'uso comune pochi sono giunti intatti sino a noi.

Possiamo però avere un'idea delle forme più in uso osservando le miniature, i dipinti, gli affreschi che venivano rappresentati con ricchi dettagli.

Così sappiamo che in epoca merovingia in Francia erano di moda le coppe fornite di piede, certe bottiglie dal collo molto lungo e dal corpo rotondeggiante, bicchieri conici ma con fondo piatto; in Germania nello stesso periodo si fabbricavano bicchieri conici con base molto stretta e decorazioni applicate a forma di piccole gocce.

Numerosi sono i trattati scritti sull'arte datati all'età medioevale, tutti interessanti per lo studio delle tecniche usate e la storia del costume.

Anche per l'età gotica sono pochi gli oggetti che possiamo studiare, numerose sono però le fonti iconografiche alle quali attingere.

In Francia grandi centri di produzione sorgevano in Lorena, in Normandia, in Provenza, presso i Pirenei, mentre l'arte vetraria assumeva una sua altissima dignità e grande amore tanto da assicurare a quanti la praticavano con particolare maestria il titolo nobiliare di "gentil homme verrier".

Giulia - (continua)


ARTE A VENEZIA

Un grande avversario si presentò all’orizzonte dei maestri vetrai francesi agli albori del Rinascimento; l’Italia.

Questa volta però non erano gli artigiani di Roma che si affacciavano alla storia dell’arte ma quelli fino allora quasi sconosciuti di una città giovane, sorta come per incanto sulle sponde dell’Adriatico; Venezia.


A Venezia erano affluiti nel corso del medioevo maestri vetrai e mosaicisti dell’Asia Minore, con l’incarico di fare della città una delle meraviglie del mondo.

Molti avevano lavorato per un certo periodo e poi erano tornati in patria, ma molti altri avevano preso dimora

stabile aprendo botteghe frequentate da allievi volenterosi, intelligenti e amanti del bello.

Non tardarono a diventare più abili dei loro insegnanti in tutte le arti decorative.


Costretti a rifugiarsi nell’isola di Murano a causa degli incendi violenti che spesso divampavano nei quartieri cittadini in cui avevano aperto le loro fornaci e botteghe.

Orientali prima e veneziani dopo, fecero dell’isola uno dei centri più splendidi del mondo, da surclassare perfino le grandi scuole alessandrine e romane.


La Serenissima Repubblica veneta cercò a lungo di impedire che i segreti della lavorazione del vetro uscissero dallo stato, i maestri non potevano assolutamente andare a lavorare fuori dal loro territorio, pena gravissime sanzioni.

Ma, vi era sempre qualcuno che riusciva a eludere la stretta sorveglianza messa in atto alle frontiere.

Quindi i segreti muranesi diventarono di pubblico dominio per centinaia di allievi che accorrevano nelle botteghe che i maestri veneti aprivano in Europa; Inghilterra, Paesi Bassi, Liegi, Francia, Spagna e Portogallo.

Solo la Germania restò estranea a lungo a questo fenomeno per un motivo molto pratico, il vetro tedesco era di natura ben diversa da quello veneto perché veniva ricavato dalla potassa ottenuta con le ceneri del legno che abbondava in quelle regioni ricche di foreste, mentre la soda usata dai maestri muranesi proveniva dalle ceneri di piante marine, con l’aggiunta di piccole quantità di biossido di manganese che eliminava scorie e impurità, questo assicurava la limpidezza e una purezza eccezionale al prodotto.

Verso la fine del XVI secolo, un tedesco, Caspar LEHMANN, portò a splendere l’arte di intagliare il vetro nel suo paese, spingendo i suoi connazionali a cercare una qualità di vetro più pura e più limpida.

Nel XVII secolo fiorirono in Germania scuole ad altissimo livello; foggiavano degli stupendi oggetti in gara con la nostra Murano e il veneto in genere.


Giulia (continua)



IL GOTICO FRANCESE

Chartres, Parigi, Reims, Laon, Amiens, Rouen, Bayeux, Evreux, sono le otto Cattedrali gotiche francesi, dedicate a Notre-Dame, la Vergine Santa e tutte costruite verso il 1130.

Congiungendo i punti delle città dove sono state costruite, si traccia sulla mappa il disegno della costellazione della Vergine ( Segno zodiacale ).

Si dice che nel 1118 nove cavalieri francesi

Partirono per Gerusalemme; non erano crociati, né pellegrini e nemmeno monaci.

Davanti al re di Gerusalemme, Baldovino II fecero voto di povertà, castità e obbedienza.

La loro missione era segreta.

In loco i cavalieri si misero a guardia del luogo su cui era sorto il tempio di Re Salomone.

Furono detti cavalieri del tempio o templari.

Ma da chi furono inviati a Gerusalemme? E perché?

I Templari dovevano scoprire una legge più misteriosa e segreta, non proclamata, ma che deteneva la saggezza e la potenza.

Possedere queste Tavole significava avere conoscenza delle norme, delle misure e dei numeri che regolavano il mondo.

Le Antiche Scritture parlano in più punti di questa Tavola della Legge che Mosè custodì e nascose e che Salomone il re della saggezza ebbe la fortuna di possedere nel proprio tempio.

I Templari tentarono di ritrovarle.

Papi, Re, Imperatori avevano organizzato diverse battute in Terra Santa, in Persia, in India e persino in Cina.

Lo stesso Luigi Re di Francia inviò esploratori in Abissinia.

Ma tutti fallirono.

Anche i Templari?

La loro missione era segreta e segreto è rimasto l’esito.

Nessuno ha le prove che i Templari abbiano trovato le Tavole delle Leggi.

Però un dubbio esiste, perché, dieci anni dopo, nel 1128, ritornarono in Francia, si presentarono al Concilio di Troyes e chiesero di entrare nell’ordine religioso.

Due anni dopo iniziarono le costruzioni delle Cattedrali Gotiche.

Ancora non si spiega perché proprio a Chartres, piccolo villaggio di cinquemila contadini; fu il più ardito luogo di culto.

Inspiegabilmente contadini, pecorai e pastori si trasformarono in muratori, carpentieri e vetrai.

In queste Chiese vi sono migliaia di statue, di scene rappresentative, di dipinti in cui si racconta la storia dell’uomo, di Dio, di Gesù, dalla nascita alle sue glorie.

Ma non c’è una sola vetrata o una statua che raffiguri la crocefissione.

I Templari rifiutavano di ammettere che l’uomo crocifisso da Pilato fosse il loro vero Cristo.

La scienza tenta di dare una spiegazione.

Giulia (continua)


IL MISTERO DELLE CATTEDRALI

Forse quello era solo un posto dedicato alle preghiere.

O forse uomini primitivi e poi quelli pre-cristiani sapevano leggere nel cielo, orientarsi col sole e le stelle, forse con una sensibilità maggiore della nostra.

Guidati da un istinto cosmico “tenta di spiegare la scienza”.

Chartres e le altre cattedrali che ripetono il segno della vergine, sorgono dove i pagani veneravano una statua di legno che rappresentava una madre col bambino, questo era il culto della terra madre chiamata anche “la Vergine che partorirà”.

A Chartres i Druidi ne fecero il centro della loro religione prima ancora che fosse nato il cristianesimo e la venerazione della Vergine Nostra Signora, fu tramandata di secolo in secolo.

La statua era collegata nella cripta più sotterranea del tempio, pellegrini valicavano monti e paludi per pregarla.

L’età e il fumo delle ceneri l’annerì.

In seguito fu nominata “Vergine Nera”.

Quando i primi cristiani giunsero a Chartres, trovarono in quella grotta la prima Vergine col Bambino, conservarono statua e cripta e sopra vi eressero un tempio cristiano.

Scendendo nella grotta pagana abbiamo 37 mt. di profondità e 37 mt. è anche la volta eretta sopra il pozzo druido.

Nei portali della cattedrale vi è una scultura che riproduce il modello della Vergine Nera e lo stesso su una vetrata.

I costruttori di queste cattedrali si tramandavano da generazione in generazione i segreti delle soluzioni tecniche, l’armonia, la scienza dei calcoli impossibili, per imbrigliare spinte e controspinte, ogive, archi e volte.

Gli architetti che costruirono quelle opere, parevano possedere un segreto e una scienza che non erano dell’occidente.

Per realizzare una volta gotica dovettero inventare una geometria che permettesse, su un semplice disegno, le interpretazioni dei volumi e dei vuoti, l’accordo di spinte e di resistenze.

I muratori, i vetrai, gli scalpellini che eseguirono le opere erano maestri e venivano raggruppati in confraternite perché da loro non trapelasse nessun segreto.

In ogni cattedrale vi era un numero magico.

Scienziati moderni hanno cercato di scoprirlo con calcoli trigonometrici.

Si è trovato che Chartres (37 mt. lunghezza del coro e 14 di larghezza, la volta è alta 37 mt. la navata è lunga 74 mt.) ha tutti numeri che sono multipli di 0,37 e questo numero è esattamente la centomillesima parte del grado del parallelo che passa per la città di Chartres.

REIMS

E’ situata 49 gradi di latitudine nord con un grado di parallelo di 71 Km, l’unità di misura è di 1.42, la lunghezza della Cattedrale di Reims è di 142 mt, cioè il doppio di 71, il suo multiplo.

AMIENS

E’ A 49,51 di latitudine, parallelo di 70 Km, ebbene l’altezza della volta è di 70 volte 0,70 mt e la lunghezza dei transetti di 70 mt.

I costruttori di quelle cattedrali conoscevano a tal punto il globo terrestre da poter scegliere la misura più idonea dei loro monumenti in modo da rispettare un’armonia tra leggi matematiche, geografiche e astronomiche?

Da dove proveniva quella loro scienza?

La Vergine Nera delle vetrate di Chartres la chiamavano Sant’Anna che tiene in braccio la Vergine Bambina, Anna ha il volto nero e tre gigli bianchi a 5 punte.

Il nero e il bianco simboleggiano il passaggio dalla putrefazione della materia alla rinascita, mentre il numero 5 dei petali è il simbolo della donna; ma Anna come madre della madre è anche il simbolo della madre terra.

Il rosone formato da 8 fiori con 8 petali, l’otto (disposto orizzontalmente) Infinito-Eternità.

La rotazione delle rose simboleggia il passaggio dello stato di imperfezione materiale a quello di completezza spirituale.

I colori dei vetri nascondono un linguaggio.

Il nero è il disordine.

Il bianco la purezza.

Il rosso la perfezione.

La loro disposizione simboleggia il passaggio dell’uomo dalla materia alla perfezione.

I rosoni delle Cattedrali gotiche rappresentano il “viaggio” dell’uomo verso la trasformazione, la ricerca di una nuova identità.

Colori, figure, disegni, hanno un loro segreto intimo che i vetrai avevano appreso dagli alchimisti orientali, che a loro volta avevano imparato da popoli e culture millenarie.

Ancora qualche colore di rito.

IL NERO le tenebre, l’assenza della luce, la morte dell’uomo, il colore del caos dove tutto è confuso.

IL BIANCO come l’alba segue la notte, la luce dopo le tenebre, il colore della purezza e dell’innocenza.

IL GIALLO colore della trasformazione.

IL ROSSO colore del fuoco che brucia la materia.

Basta fissarli intensamente, quando la luce del sole li accende, perché una strana magia li metta in movimento.

E’ facile suggestione essere trasportati.

Sul pavimento delle cattedrali gotiche è rappresentato un labirinto.

Per i pellegrini che lo percorrevano sostituiva il pellegrinaggio in Terra Santa, ma significa anche il cammino dell’uomo verso la salvezza, non è un vero labirinto, ma un percorso obbligatorio segnato da cubetti di marmo blu e bianco.

Questi percorsi venivano nel passato guidati dallo stesso Vescovo a piedi nudi nel periodo di maggiori tensioni di correnti magnetiche (famosi girotondi di Pasqua).

Questo non per penitenza, ma perché il contatto con la Terra percorsa dalle correnti benefiche fosse più diretto.

Queste specie di danze finivano sempre al centro del labirinto, lì dove l’uomo cadeva stremato, ma anche trasformato.

E tante volte gli ammalati si rialzavano guariti nel corpo e sempre nello spirito.

Giulia (continua).


Madonna Nera di Chartres
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